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mercoledì 11 luglio 2012

Il gatto che non c'è.



Edimburgo 2000

El Patio è un piccolo ristorante italiano in Hanover Street nel centro di Edimburgo.
I proprietari, una coppia di emigrati napoletani, lo gestisce con amore da oltre 30 anni.
I due paiono usciti da una fiaba: lei, manager piccola ma agguerrita concede talvolta un profilo materno; lui, lo chef del posto,basso e tozzo, era sopravvissuto 40 anni nel Regno Unito grazie alla proverbiale gestualità italiana e una lingua a metà tra l’ inglese del porto e il dialetto di Pozzuoli.
Ma i due gnomi custodivano un segreto celato tra gli scaffali del sottotetto. Lì, tra damigiane di vino e casse di pomodori, era da tempo rinchiuso un gatto senza nome dal pelo maculato e lungo, schivo e dal brutto carattere.
Tale felino, nato e cresciuto dentro quel magazzino, aveva il compito di cacciare i topi, ghiotti del cibo raccolto nella dispensa. Dopo anni in quel sottoscala il gatto era quasi diventato cieco.
La poca libertà concessagli era di vagare, il martedì e il giovedì, al di fuori del sottotetto, scendendo giù fino al salone del ristorante.
Una sera un distratto cameriere lasciò appena accostata la piccola finestra accanto alla macchina del caffè.
Il felino si fermò a lungo davanti all’apertura contemplando l’esterno, annusando la fredda aria d’inverno.
Con un balzo elegante uscì dalla finestra per trovarsi in mezzo al largo marciapiede colmo di gelida neve. Si guardò attorno accennando un tenue miagolio. Fece qualche balzo in avanti tra la neve, ci si rotolò dentro e scomparve per sempre.

mercoledì 13 giugno 2012

Tu lo conosci Cuccureddu?




Australia 2006

«Vedi bello...»
(Ma bello a chi...!)
«...dobbiamo proseguire verso quelle rocce là dietro, passato il fiume troveremo il rifugio di Chambell Creek dove avevo promesso di portarvi ieri».
«Veramente, Signor Cuccureddu, ha passato l'ultima settimana dicendo che saremmo arrivati presto. Abbiamo girato in tondo per 3 giorni, se non fosse stato per quei due ranger noi...»
«Ehm..., sì, beh ma... sono stato ingannato! L'orsa polare si è spostata, d'altronde siamo ad aprile!
«È vero, c' è il ponte di Pasqua...!»

Conobbi Cuccudeddu assieme a un gruppo di folli che stava organizzando un viaggio fai-da-te nell' entroterra australiano. Io ed altri, colti in un momento di debolezza ci aggregammo alla brigata.
Dopo 40 minuti di assolato deserto, Cuccureddu saltò su una roccia e si autoproclamò "Capo divino dell'universo" prendendo il controllo della sciagurata comitiva.
Dopo 2 giorni stava sul cazzo a tutti. Sbraitava, soffriva di meteorismo, manie persecutorie e narcisismo acuto, tanto che, in una delle poche soste alla marcia forzata intrapresa, riuscì a convincere con l' inganno due sposini di Cremona a costruirgli una portantina che alcuni sventurati portarono per miglia e miglia.
Sempre in cima alla colonna umana nel deserto, Cuccureddu venne presto soprannominato "il bandiera" a causa di un orrendo riporto svolazzante.
Il quarto giorno perdemmo le tracce di due pensionati di Campobasso.
Il quinto, l' intera comitiva INPS era perduta.
Deciso ad arrivare a Chambell Creek nei tempi prefissati, Cuccureddu ci aveva fatto passare attraverso la Valle della morte, luogo ove neppure gli aborigeni osano addentrarsi. Lì, lasciammo Mario Scotti, bidello di scuola elementare che ai bordi della valle venne rapito dall'ultima tribù di cannibali del continente.
Un aereo con soli 5 posti ci aspettava oltre la duna. Ignobili ma felici, lasciammo il "Capo divino" al suo destino. Durante il decollo, i più generosi, lanciarono dal finestrino alcune borracce.   

mercoledì 16 maggio 2012

Parole al bar. Questa non è semplicità.



Bratislava 2008

«Bevi alla mia salute amico, oggi offro io! Non ti ho visto spesso in questo bar! Che fai nella vita?»
«Io faccio mattoni, ho fatto i mattoni più belli del mondo per 10 anni. Erano duri e resistenti, perfetti per le case di campagna.
Avevano un colore arancione chiaro ma talvolta uscivano dal forno più scuri, non so perchè! Altre volte erano lisci, altre volte porosi, così si sfaldavano e dovevamo buttarne via a decine, non so perchè.
E adesso mi chiedono di fare delle tegole, delle tegole capisci? A me, a me che per dieci anni ho fatto mattoni, i più bei mattoni del mondo».
«Beh, se te lo hanno chiesto è perchè sanno che sei bravo nel tuo lavoro: sai modellare e cuocere la terra, conosci cosa usavano prima i tuoi nonni e i tuoi avi, sai cosa rende porosa o meno l'argilla che usi, conosci perfettamente quale temperatura usare per cuocere i mattoni,come venderli e  come far crescere i contorni di una casa».
«...No, io non so niente di tutto questo!»
«Ma...allora cosa hai fatto tutto questo tempo?»
«...Mattoni!»

martedì 8 maggio 2012

George.



Edimburgo 2007

George è un ragazzo proveniente da Aberdeen, ridente cittadina della costa est scozzese.
Di corporatura robusta, capelli chiari e gambe a X, portava con invidiabile nonchalanse una perenne pancetta calante.
Il nonno imprenditore possedeva i diritti a livello mondiale del brevetto dell' olio di palma e campava di rendita. Il nipote era cuoco nei peggiori pub di Edimburgo.
Dipendente dall' uso di alcol, MDMA e pasticche, George si vantava di aver bevuto per errore un' itera confezione di Popper durante un rave a Manchester, subendo una prognosi di soli 2 giorni e una lavanda gastrica che disse di voler un giorno ripetere.
Gli effetti della merda che si gettava in corpo subivano una sorta di cortocircuito con il suo carattere goliardico, socievole, talvolta più ingenuo di quanto eravamo noi stessi.
Tornato dai peggiori festini della Scozia aveva l' abitudine di ballare assieme allo scopettone ancora umido nella cucina del ristorante ascoltando musica metal.
Ancora oggi, alcuni tra i più vili camerieri rimpiangono di non averlo filmato.
Nel periodo in cui abbiamo lavorato insieme, uscimmo molte volte a far baldoria per le strade della capitale scozzese dove il folle ebbe l' occasione di:
- Abbracciare un enorme cactus posto all' ingresso di un locale.
- Saltare dal secondo piano di un palazzo rompendosi il femore.
- Procurarsi sesso orale da una ragazza brasiliana nell'affollato bus numero 15 delle 8.30 del mattino.
- Bere più volte, al termine del turno di lavoro, 8 Peroni: tanto da non ricevere alcun salario alla fine della settimana ma dover essere lui, a pagare il principale.
- Diventare bisessuale.

L' ultima volta che lo vidi aveva tatuata una scritta alla base del collo. Scordai alla svelta la frase.
La madre, santa donna sempre presente, evitava di portarlo alle udienze per il divorzio con il padre, gentiluomo che abbandonò entrambi una volta escluso dall' eredità testamentaria del nonno.

lunedì 30 aprile 2012

La mantide



Madrid 2002

Ines era una creatura procace dai capelli color grano, gli occhi di ghiaccio e un culo di marmo.
Ella osteggiava a piacere sicurezza e ingenuità, chiunque di noi avrebbe desiderato possederla per ore.
Lo sfortunato protagonista fu Jorge: 1 e 90, palestrato e moro. Giocatore di rugby, usava indossare un pugno di cotone nelle mutande.
Il fatto cominciò in un locale del centro quando un incosciente giovane presentò la mantide alla sua preda.
In breve tempo, raccontando le più grandi boiate abbia mai sentito, Ines divenne regina incontrastata dell' ingenua realtà del palestrato.
Sotto soffocanti maratone di sesso, unite a una bugiarda e vile adorazione per il suo compagno, Ines mostrò con piacere le sua vacanze pagate ad Ibiza, Amsterdam e Marocco, i suoi nuovi abiti firmati, la Ferrari presa in affitto per un mese e 2 orribili volpini omosessuali.
Dopo poche settimane, quello che all' inizio era solo un sospetto si concretizzò in una piccola tragedia umana.
Il palestrato era diventato un ignobile individuo, un inetto a vivere: vigliacco, ingeneroso, costantemente preso dal sospetto, noioso e pedante. Una larva umana.
La parassita partì dall' aeroporto di Madrid una mattina di Marzo col volo delle 9.15 diretto a Caracas, dove ad attenderla era un manager finanziario cinquantenne.
A distanza di tempo, voci incontrollate raccontavano che facesse la Barista a Bogotà, la modella a New York, la suora a Calcutta.
Alcuni dei frustrati spasimanti, rimasti a bocca asciutta, giuravano di averla riconosciuta in più di un film porno.
Jorge ha ripreso gli allenamenti e non compra più cotone.

mercoledì 25 aprile 2012

A special orange juice please!



Manchester 2006

Peter è l' alcolista più fantasioso che abbia mai incontrato. Dai capelli bianchi e gracile all' aspetto dimostrava 70 anni circa, ben 10 in più di quanto realmente avesse.
Tale genio diventò famoso nel quartiere dopo la festa di San Patrizio del 2004 quando fu scoperto a sodomizzare una pensionata americana nella toilette delle signore in un pub di Albert place.
Di natura socievole e pacata, moderato nei toni, indossava orrende camicie hawaiane anche a novembre.
Secondo la legislazione del Regno Unito, non è consentito somministrare alcolici prima delle ore 12.00: Peter si acquattava regolarmente nei dintorni del pub già alle 9.30, osservando furtivo i movimenti dello staff come un gatto fa la posa a un nido di merlo.
"A special orange juice please!"  - chiedeva Peter ogni mezzora: frase che gli permetteva di sorridere in faccia all' alcol che si ficcava in corpo ogni giorno e di nascondere alla sua ragazza il proprio alcolismo.
Sì, Peter era fidanzato: legato da tempo a una procace signora che invano cercava di farlo smettere di bere.
In estate, seduto ai tavolini nel cortile esterno del bar, parlava da solo: talvolta di fronte all' edera del muro, talvolta guardando sotto il tavolo.
Alcuni colleghi, vili carogne, si sgozzavano l' un l' altro per lavorare nel turno serale, quando ormai il pensionato alcolista, ubriaco fradicio, elargiva copiose mance a ogni suo passaggio davanti bancone.
Non ho mai sentito Peter ruttare, lamentarsi della bassa pensione, fare commenti poco delicati a una signora o non condividere una battuta con altri clienti del pub.
Non so perché bevesse come un' infelice.

domenica 25 marzo 2012

Bella vita compagno!




Edimburgo 2004

Vedere un film in lingua originale concentra l'attenzione alle movenze degli attori, al loro accento, alla musicalità di una lingua sconosciuta, rendendo il tutto un mix di teatro, cabaret e parodia, che svela talvolta alcuni trucchi del cinema.
Usciti dalla multisala incontrammo un gruppo di italiani con cui scambiammo due chiacchere.
Tra i connazionali, Giorgio scorse Sara, con la quale flirtò una buona mezzora.
Quella sera fummo loro ospiti a cena.
Affamati come iene per la misera dieta strappata con salari da fame, ingurgitammo una a una le portate, non mancando di complimenti al cuoco.
L'appartamento era ben tenuto, pieno di riferimenti politici e culturali.
Il poster di Alberto Sordi era il mio preferito, ma gli inquilini spostarono in discorso sul piano politico.
Parlarono a ruota di: classismo sociale, sfruttamento della manodopera, lotte sindacali, resistenza partigiana italiana, il sacco di Roma, il tumulto dei Ciompi del 1378.
Il mio coinquilino perse i sensi dopo il 1630.
Uno di loro mostrava con orgoglio delle foto che lo ritraevano lanciare delle bombe molotov alle vetrate di un ristorante Mac Donald. Domandammo con sorriso: "Ma se dai fuoco a un ristorante, non c'è un' assicurazione che paga i danni"? Il Rambo di Segrate attaccò una risposta di 50 minuti.
Stremati, salutammo i connazionali e ci avviammo a prendere l'autobus: nell'attesa fumammo una sigaretta davanti a una grossa macchina sportiva.
"Spostatevi di lì - gridò una signora - quella è la macchina dei signori Menucci. Vi possono vedere, stanno qui al primo piano".
"Ma cosa dice signora. Quello è un appartamento di studenti italiani"!
"Ma quali studenti! Sono i proprietari del palazzo! Io sono la loro donna delle pulizie"!

domenica 18 marzo 2012

Porci con le ali.



Tra Londra e Atene 2003.

Pensavate fosse una storia di sesso? Credevate di leggere un racconto osè vero?
Libidinosi!
Questa è la storia di un maiale, un maiale vero. Un porcello di circa 60 chili, rosa a macchie nere, con una espressione simpatica e la classica coda a ricciolo.
Mike, questo il nome del suino, si imbarcò sul volo Londra - Atene una mattina di settembre assieme al suo proprietario, un vecchio e grasso gallese coperto di tatuaggi, il quale mostrò, prima alla sicurezza dell' aeroporto, poi al capitano e a noi equipaggio, un certificato medico che lo abilitava a viaggiare in aereo accanto al suo maiale, unico e solo rimedio contro lo stress e gli attacchi di panico del vecchio.
Portammo le cinture di sicurezza adatte per l'occasione e legammo quel grasso maiale come un insaccato.
Sciogliemmo tutto. Avevamo legato il signore gallese.
Il volo procedette come da routine, talvolta scherzando con i passeggeri: "Scusi stewart, mi sa dire che isola è quella?" "È la Giamaica signore."

Giunti a sorvolare la Croazia ci fu un piccolo ma infido vuoto d'aria: l'hostess olandese di fronte a me fu schizzata in aria. Craniata mostruosa sulla fusoliera seguita da imprecazioni in più lingue.
Il maiale si libera, guarda i passeggeri, grugnisce e comincia a correre su e giù per il corridorio dell'aereo.
Secondo vuoto d'aria: il porco mette le ali e si schianta contro la cabina di pilotaggio.
Panico a bordo. Due passeggeri vomitano, due cominciano a pregare, un coppia di italiani pomicia al posto 32: il maiale è a terra privo di sensi.

Uno dei passeggeri consigliò di fare al suino una respirazione bocca a bocca: il folle fu fragorosamente mandato a cagare dall'intero equipaggio in quattro lingue diverse.
Mike dormì fino all'arrivo nella capitale greca.
Ad Atene, il rarissimo pappagallo sudamericano, compagno della passeggera inglese salita per il viaggio di ritorno, fu vilmente soppresso con del veleno da Frida, hostess tedesca di Norimberga.
Da allora, adoro il bacon.

sabato 10 marzo 2012

Mi piaci perchè mi fai ridere.

Oslo 2011

Si era attaccata con le unghie e con i denti al primo posto di lavoro che aveva trovato. Ottenuta la posizione desiderata non si era seduta, ma immedesimata in quella figura, nel suo ruolo, nelle sue responsabilità. Lo sfarzo che di rilesso la avvolgeva era lusso accecante per gli invidiosi personaggi a lei vicini.
Nonostante ricercasse un linguaggio forbito da esibire ai sottoposti colleghi, non era una persona curiosa: la superficialità che esprimeva era usata come controllo, era la soglia oltre la quale si sentiva insidiata.
La sua vita rimbalzava tra le mura domestiche, il lavoro, e lo storico fidanzato con il quale era cresciuta: non un amante, non un complice, piuttosto un amico abituale.
Era concentrata mentre parlava con i clienti, rigida quando si intratteneva con i colleghi.
La sua risata non era spavalda, profonda, fragorosa, ma si perdeva in un volto che la rigettava come segno di stupida debolezza.
Non ricordo il suo nome.

mercoledì 7 marzo 2012

The Brass Monkey


Edimburgo 2005

«Si, mi piace fumare il narghilè».
«Veramente è la prima volta che lo faccio. È elegante vero?»
«Si, oggi avevo il turno di mattina; stacco alle due e mezza, sicchè vengo qui a trastullarmi».
«Trastullarmi, si...intendo: svagarmi, intrattenermi».
«No guarda, la birra va presa al bancone, qui non servono ai tavoli...non ce ne sono».
«Hanno portato la lista; tra poco proiettano un film, hai qualche idea?»
«Si, sulla lista sono appuntati i film che hanno in dvd; la gente si mette d'accordo e lo proiettano laggiù».
«Ah ecco. Comincia».


martedì 14 febbraio 2012

Dadà



Danila


Lisboa 2005

Era la prima volta che mettevo piede in Portogallo, questa terra da molti identificata come un semplice pezzo appartenente alla Spagna, ma che con essa non ha proprio niente a che vedere: altra lingua, altre usanze, altri tratti somatici, altro clima, altra bellezza insomma.
La mia amica italo-americana, in uno dei nostri fine settimana liberi dallo studio, si dedica ai racconti di storia in giro per la città.
E a ogni racconto era una foto precisa. 
E a ogni foto si delineavano anni di lotte, anni di segni del tempo.
Poi quel “trenino” ci ha portati fino alla collina di Bairro Alto, luogo di perdizione
e all' epoca ancora ritrovo caratteristico della vera gente di strada, quella giusta insomma,
che vive la vita così come è giusto che sia.
Ad ogni passo entriamo in un bar o in una tasca...
Ore 15.00 primo bicchiere di birra. Mi chiedono 75 centesimi di euro, ci dev'essere un errore.
Così come deve essere un piacevole “errore” della natura questo ragazzone moreno
che mi sta servendo da bere: metà argentino metà egiziano, salta al di là del bancone e
mi stringe per cominciare le danze su quelle sensuali note latino americane.
Forse è la birra? Impossibile, è solo la prima.
Ore 15,40. Siamo già agli Orgasmi, quelli di Baileys + Cointreau però.
Poi ancora birra, panachè, Super Bock Green...
Ore 17.00. Siamo nella zona più bella di Lisbona, là dove batte più sole, dove si estende la vista sul fiume e tutto sembra piccolo: la gente ride, suona e si gode l'aria fresca sotto lo sguardo severo di Adamastor.
Lui sì che ne ha vista di storia, di storie, d'incontri; lo stesso intreccio di civiltà che mi ha avvinghiato qualche ora prima, e che tornerò a cercare due anni dopo, dove Lisbona ha un altro sapore, un po' più amaro, un po' più turista e famoso, un po' più luminoso, un po' più mio.

lunedì 13 febbraio 2012

Ordinò un Martini.



Parigi 2005

I bistrot parigini mi sono sempre piaciuti, soprattutto d’estate, all’ aperto, quando sorseggiare un caffè al tavolino di bambù può trasformarti a piacimento in un artista, un marinaio, un signore baffuto del posto.

Anche il lavoro non era male: l’atmosfera elegante, pacata, mai banale.
Una delle nostre più assidue clienti era una donna poco più che trentenne con carnagione mulatta, grandi labbra dal rossetto acceso e semplici vestiti.
Sebbene preferisse essere sempre servita al tavolo, quella volta si avvicinò al bancone: era solare, mi strinse la mano e si presentò.
Si chiamava Francine e ordinò un Martini.
La donna chiese perché ero a Parigi, domandò della mia famiglia, mi invitò a sentirla cantare nel suo locale la sera successiva.
Detto ciò, le si accostò un distinto signore sulla cinquantina con un enorme porro sulla guancia: la salutò, le chiese se voleva prendere da bere al tavolo con lui.
Francine declinò l’invito con un sorriso.
La donna cominciò a parlare di sé, della sua casa, della sua musica, di alcune sue amiche, finché fu interrotta da un giovane al quale non rispose neppure.
«Parli molto di te – dissi – ma non parli mai di uomini, eppure hai molti spasimanti!»
«Oggi voglio solo rilassarmi – rispose – e poi, loro hanno paura».
«Hanno paura?»
«Sì – rispose – penso abbiano paura. Sai, sono quegli uomini che quando a letto dicono: “ti amo” , lo fanno per se stessi. A loro non importa davvero. Cercano soltanto di avere la stessa frase nelle orecchie. Capita spesso sai?! Talvolta anche a noi donne».

Giorni dopo rividi Francine davanti alla porta di casa sua. Alzai la mano ma non rispose al mio saluto.
Quando chiesi cosa stesse facendo mi risposero che cercava compagnia.

sabato 4 febbraio 2012

Spuntino con sorpresa.



Da qualche parte in UK  2006
 
A notte fonda, uscimmo dal pub assieme a una giovane ragazza spagnola, conosciuta poco prima da Matt, per mangiare nel vicino fish and chips.
I fish and chips sono locali che prendono il nome dal più famoso cibo take-away del Regno Unito, merluzzo fritto servito con patate. Istituzione nei paesi del Commonwealth, compaiono per la prima volta a Londra nel 1860.
Ma a noi, giovani ubriachi di vita e birra scura, tutto ciò non importava:
entrammo in quel locale ruttando e augurando a tutti un buon Natale. Era l’11 luglio.
Il posto era completamente ricoperto di mattonelle bianche e pareva un negozio di sanitari. Dietro al bancone, avvolti da una cappa di vapori da frittura, due giovani parlavano con accento scozzese. In fondo alla cucina un pachistano cicciottello fumava una sigaretta.
La spagnola si gettò su Matt infilandogli la lingua in un orecchio.
«Una bottiglia del vostro miglior vino. Per me, e per questa affascinante ragazza!» - esclamò Matt.
I due scozzesi si guardano perplessi. Uno di loro uscì per comprare una bottiglia di ripugnante vino californiano da rivendere a un prezzo vomitevole.
Comprammo birra e hamburger per consumare il frugale pasto nella piazza adiacente in compagnia di alcuni francesi.
Mentre addentavamo avidamente il panino notammo Matt allontanarsi con la giovane.
Il giorno dopo, un po’ turbato, ci disse che la ragazza si chiamava Josè.

mercoledì 1 febbraio 2012

Un giorno all'improvviso.



Brema 2008

Come fanno le città tedesche ad avere servizi così efficienti? Semplice, sono state completamente ricostruite dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale.
Ad oggi, fra imponenti edifici teutonici si intrecciano larghe strade e ampie piazze pedonali, solcate da efficienti mezzi pubblici e lunghe piste ciclabili.
Decisi di percorrere in bicicletta la periferia della città.
Ad un tratto la strada asfaltata divenne sterrata, l’aria umida, il sole più tenue.
Il bosco nel quale mi trovavo aveva alberi dai fusti enormi, un intenso odore di lavanda e un silenzio al quale mi abituai solo dopo un po’. 
Un canale serpeggiante si snodava in mezzo al sottobosco di felci e piante aromatiche.
L’acqua sembrava dipinta con lunghe pennellate che sfumavano dal blu al verde in prossimità delle rive.
Da una delle anse del rio comparvero due amanti su di una piccola barca a remi:
lui si sistemava il berretto, lei si copriva dal sole sotto un’ombrellino.
Oltre il ponticello di legno, il sentiero terminava al cancello di una grande fattoria.
Spaventato dallo sconosciuto paesaggio tornai di gran corsa al cemento. 


domenica 29 gennaio 2012

Piacere di conoscerti.



Londra 2002

Si chiamava Emy.
Portava occhiali spessi e le piaceva studiare, ma solo quello che voleva lei.
Aveva un carattere indipendente: nascondeva la sua timidezza dietro un sorriso contagioso.
Indossava magliette strette con gonne lunghe e colorate esibendo in casa enormi babbucce verdi a quadri; il caos della sua stanza era elegante.
Offriva spesso da bere e quando fumava parlava sussurrando.
Le piacevano i concerti, interminabili film francesi, le canzoni di un cantante folk irlandese.
Frequentava un corso di teatro e inventava le migliori scuse abbia mai sentito per ritardare il pagamento dell’affitto.
Le piaceva fare l’amore.
Si chiamava Emy.


giovedì 26 gennaio 2012

Nato sotto una buona stella.



Glasgow 1999/2000

La notte del 31 dicembre è quel magico momento in cui un brindisi può rinnovare amicizie, sogni e speranze.
L’identità del veglione di capodanno è composta da molti fattori: avere i prezzi triplicati rispetto al normale; perdersi nelle montagne per cercare il ristorante ambito e semisconosciuto suggerito a tradimento da persone malfidate; offrire pietanze "esotiche" inventate il giorno prima davanti a un whiskey.

Preparammo tutto per il massacro.
Eravamo: 10 camerieri sottopagati, 2 cuochi cinesi, 2 baristi filippini, 1 deejay (noto omosessuale belga del luogo).
Il ristorante si chiamava “Bella Italia”.

20.00 - Entrano i primi 2 clienti completamente ubriachi.
20.05 - Entrano in massa come api assassine tutti gli altri tavoli prenotati.
20.20 - Il primo ordine in cucina scatena una colluttazione tra i cuochi.
20.40 - Gli antipasti al tavolo 3 non sono quelli ordinati.
21.15 - Il bagno diventa inagibile e viene chiuso.
21.25 - Entra un signore che cerca il bagno, vomita e si accascia.
21.26 - Entra un cane che fa pipì sull’uomo.
21.27 - I due escono insieme.
21.45 - Ignobili urla provenienti dalla cucina ammutoliscono la sala.
22.15 - Il deejay esce con un cliente per non tornare mai più.
22.30 - La ragazza del tavolo 5 fa sesso orale al compagno nella tromba delle scale.
22.45 - L’arrosto brucia, si passa al dolce.
23.00 - L’uomo col cane tenta di rientrare e viene cacciato.
23.20 - Uno dei baristi cede e sviene.
23.45 - Il cameriere spagnolo si licenzia e siede con gli amici al tavolo 7.
00.00 - Brindisi dei sopravvissuti.
00.20 - Le fiamme provenienti dalla cucina vengono domate dai pompieri.
00.30 - Il locale è chiuso. Buon anno.

lunedì 23 gennaio 2012

Mull of Kintyre



Scozia 2003

Il Kintyre è una piccola penisola ad ovest della Scozia che guarda l’Irlanda da vicino. 
Per raggiungere la spiaggia abbiamo attraversato vaste colline di torba graffiate da strade sterrate.
Arrivati alla costa, piccole piante dai fiori rosa coprivano gli enormi e frastagliati speroni di roccia.
Soffiava un vento gelido che pareva ululare nelle orecchie di chi era intento a osservare l’oceano: calmo, scuro, immenso.
Non c’erano né persone né animali, soltanto uno splendido tramonto da contemplare ma dal quale non imparare niente.
Quel posto era deserto, ma il viaggio per giungerci fu stupendo. 



sabato 21 gennaio 2012

Viva España!



Barcellona 2007

Atterrammo a Barcellona una sera di luglio. Dopo mezz’ora sembravamo tre profughi: Beppe aveva la salivazione azzerata, io una strana aritmia cardiaca, Marco era quasi cieco.
Stremati ma felici per l’arrivo in Catalugna raggiungemmo l’appartamento di amici;
ad accoglierci una simpatica ragazza italo-colombiana di nome Noemì.
La casa era piccola ma molto colorata: il corridoio verde, il bagno blu, la camera da letto gialla. 
Il salotto nel quale ci saremmo accampati quella sera aveva le pareti rosse, due divani, un grosso armadio dal quale proveniva una luce vermiglia e un odore piccante.
Unico, solo e indiscusso padrone della casa era un cane basso, grasso e marrone di nome Perro: tale creatura aveva l’alito agghiacciante, lo sguardo severo e il proprio centro del mondo nei due divani del soggiorno.
«Che bel cagnolino!» − disse Beppe.
Il nano marrone lo morse immediatamente.

La strategia per la settimana era questa: dormire a turno, due sui rispettivi divani, l’altro a terra.
All’una circa spegnemmo la luce.
Il sacco a pelo era caldo e lo zaino un morbido cuscino ma cominciai a sentire un orrendo fetore. Era Perro.
Mi alzai per allontanare la creatura che cominciò ad abbaiare. Marco si alzò, il cane gli morse una mano. Beppe si alzò, Perro gli starnutì in faccia.
Ci addormentammo tre ore dopo: noi in terra, il cane vigile sul divano.

mercoledì 18 gennaio 2012

Oggi fa caldo.





Edimburgo 2006

Cercare lavoro come barista in una città del Regno Unito può essere un’esperienza davvero difficile.
Seppur, a mio parere, l’intera economia di quel paese si basi sulla vendita dell’alcool e dei suoi derivati, essere assunti in pub o locali notturni di una grande città può talvolta raggiunge i livelli dell’epica impresa.
Grassmarket Square è una frequentata piazza ai piedi del castello di Edimburgo.
Il sito, di forma lunga e rettangolare ospita un lussuoso albergo da un lato e oltre una decina tra pub e ristoranti sul lato opposto, terminando in King's Stable Road.
Munito di curriculum entro nel primo bar dove mi accoglie un ragazza bruttina con strani orecchini e un gran sorriso.
«Buongiorno! Cercate personale? Posso lasciare il mio curriculum?».
«Certo! − risponde la ragazza − Vuoi una birra?» .
«Si grazie, oggi fa caldo e ne ho proprio bisogno».
Salutata la giovane dai simpatici orecchini entro nel locale successivo.
«Buongiorno! Cercate una persona al bar? Posso lasciare il mio curriculum?».
«Certo caro! − risponde una signora dalle grandi tetteSei stanco? Vuoi una birra?».
«Si grazie, oggi fa caldo e ne ho proprio bisogno».
Esco dal locale con andatura leggermente piegata su un fianco per entrare nel successivo dei 12 pub.

Trovai lavoro come facchino e non vidi mai King’s Stable Road.

sabato 14 gennaio 2012

Scozia: mezz'ora in un pub.


Edimburgo 2005

Ero barista presso un locale giù al porto. Birra scura, qualche shots ai festeggianti e tre martini al tavolo 6. Il tavolo 6 era una celebrità giù al porto. Tre splendide ragazze prendevano lì posto quasi ogni sera. Era il primo tavolino del locale visibile all’entrata e l’unico di fronte alla parete a specchi che dava sulla strada.
Il buttafuori del posto, di nome Billy, era un tipo massiccio, con dita grosse, capelli corti e neri e una enorme fossa tra gli incisivi superiori: particolare che lo faceva fischiare a singhiozzi quando parlava, ovvero quasi mai. Per mesi si è chiesto che mestiere facessero le tre signorine al tavolo 6.
Alle 22.00 circa entrò nel pub un ragazzo con i capelli rossi: si avvicinò al bancone guardandosi attorno, chiese una birra scura e cominciò affannosamente a cercare qualcosa nella grossa borsa che aveva con sé.
I clienti al tavolo 4 si erano trattenuti dopo una cena a base di pesce. Erano due uomini e due donne: una di loro portava un vestito tradizionale del suo paese africano giallo e blu a fiori e grossi orecchini in legno scuro; l’altra anch’essa enorme, era riuscita a infilarsi dentro a un tubino nero. Gli uomini erano entrambi evidentemente ubriachi.
«Un’altra birra per favore! − disse con accento irlandese il ragazzo − versala tra cinque minuti perché devo andare in bagno». Scese al piano sotterraneo lasciando l’impermeabile sulla sedia ma portando con se l’enorme borsa.
Una bottiglia di vino cadde dal tavolo 4 tra le urla delle due signore e l’ indifferenza dei loro compagni, attraendo l’attenzione di tutto il locale.
Uscii dal bar per pulire i cocci, parlare con le signore e capire se fosse tutto a posto.
«Siamo stati sbadati – afferma una delle donne – ci dispiace. Porti un’altra bottiglia!».
Ed io: «È sicura che vuole un’altra bottiglia signora?...».
«Zitto e portaci da bere!».
Billy entrò nel locale: «Tutto bene? C’è bisogno d’aiuto? State tutti bene?».
Dalle pinte di birra del tavolo 10 si alzò un voce: «Salute Superman!».
Billy si apprestò al bancone e chiese una birra. Aveva l’aria stanca. Mi raccontò che nel pomeriggio aveva smontato un’intera caldaia in Ferry Road dopo aver litigato per ore con l’amministratore del palazzo, restio a concedergli l’intera somma pattuita in precedenza.
Il ragazzo con l’impermeabile non era ancora tornato al bancone del bar. Decisi di controllare come stesse. Scesi le scale e bussai alla porta del bagno. «Tutto bene?» – domandai. Silenzio. «Heilà tutto a posto lì dentro?».
«Sì tutto bene grazie» − rispose seccato il ragazzo.
Di nuovo al bancone trovai ad aspettarmi Ben, un musicista haitiano di due metri, con lunghi rasta e il sorriso perennemente stampato in faccia, giunto per avere la sua paga. Ben aveva la strana usanza di portare ovunque andasse uno spinello acceso in bocca.
«Ben questo è un locale pubblico, non puoi entrare qui con una canna in bocca!». «Chiedo scusa amico, non lo sapevo, vado fuori a finire lo spinello, vuoi qualche tiro anche tu?».
«No, adesso no, grazie».
«Bene. Preparami i soldi della paga intanto. È stato un bello show ieri sera vero? Ti è piaciuto vero amico mio?! Sai, sto pensando di incidere un disco e presentarmi in posti di classe sai?! D'altronde devono accettarmi. La mia famiglia è imparentata con quella di Bob Marley, abbiamo la buona musica nel sangue noi. Bene, tu prepara i soldi. Quanti sono…20 sterline vero?».
«Sono 12 sterline Ben».
«D’accordo e se ti serve altro fammi pure sapere. Ok dude?».
«Va bene Ben».
Il gigante uscì dal locale salutando le signorine al tavolo 6.
Stappai una bottiglia di Chardonnay per le signore africane. L’atmosfera al tavolo era tesa: mentre i due uomini ubriachi, in stato “semi-comatoso” avevano il capo quasi riverso sul piatto, le due donne stavano additando l’una il compagno dell’altra. Non versai il vino nei bicchieri. Misi la bottiglia dalla parte del tavolo vicino al muro, accanto ai due inermi signori.
La situazione del locale, finora sotto controllo, degenerò nel giro di pochi istanti: giusto il tempo di voltarmi e il ragazzo dai capelli rossi risalì da quella che per mezz’ora era stata la sua cripta vomitando dentro la borsa rossa.
Fuori dal locale due poliziotti stavano caricando in macchina Ben. Aveva in tasca 100 grammi di hashish e della cocaina.
La discussione tra le due signore africane raggiunse l’apice.
“Vestito a fiori” lanciò un bicchiere in faccia a “Tubino nero” mancandola. “Tubino nero” afferrò la bottiglia sul tavolo cercando di colpire in faccia la rivale.
I due ippopotami si presero per i capelli trascinandosi scalze fuori dal pub. Una volta in strada, sotto gli occhi di Billy, cercarono di uccidersi l’un l’altra lanciandosi addosso dei sampietrini ammucchiati di fianco alla scritta “Lavori in corso”.
Le due si allontanarono sotto una fitta pioggia, i loro compagni dormivano beati al tavolo 4, il ragazzo dai capelli rossi era riverso a terra, le ragazze del tavolo 6 mostravano le cosce a Billy. 
Mi licenziai due giorni dopo.