lunedì 13 febbraio 2012

Ordinò un Martini.



Parigi 2005

I bistrot parigini mi sono sempre piaciuti, soprattutto d’estate, all’ aperto, quando sorseggiare un caffè al tavolino di bambù può trasformarti a piacimento in un artista, un marinaio, un signore baffuto del posto.

Anche il lavoro non era male: l’atmosfera elegante, pacata, mai banale.
Una delle nostre più assidue clienti era una donna poco più che trentenne con carnagione mulatta, grandi labbra dal rossetto acceso e semplici vestiti.
Sebbene preferisse essere sempre servita al tavolo, quella volta si avvicinò al bancone: era solare, mi strinse la mano e si presentò.
Si chiamava Francine e ordinò un Martini.
La donna chiese perché ero a Parigi, domandò della mia famiglia, mi invitò a sentirla cantare nel suo locale la sera successiva.
Detto ciò, le si accostò un distinto signore sulla cinquantina con un enorme porro sulla guancia: la salutò, le chiese se voleva prendere da bere al tavolo con lui.
Francine declinò l’invito con un sorriso.
La donna cominciò a parlare di sé, della sua casa, della sua musica, di alcune sue amiche, finché fu interrotta da un giovane al quale non rispose neppure.
«Parli molto di te – dissi – ma non parli mai di uomini, eppure hai molti spasimanti!»
«Oggi voglio solo rilassarmi – rispose – e poi, loro hanno paura».
«Hanno paura?»
«Sì – rispose – penso abbiano paura. Sai, sono quegli uomini che quando a letto dicono: “ti amo” , lo fanno per se stessi. A loro non importa davvero. Cercano soltanto di avere la stessa frase nelle orecchie. Capita spesso sai?! Talvolta anche a noi donne».

Giorni dopo rividi Francine davanti alla porta di casa sua. Alzai la mano ma non rispose al mio saluto.
Quando chiesi cosa stesse facendo mi risposero che cercava compagnia.

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