martedì 28 febbraio 2012

Nano per finta.



Madrid 2010

Lavorare rinchiusi per ore nell’Ufficio Acquisti di una grande multinazionale è noioso, stressante, farcito di mostruose procedure burocratiche e invidie tra colleghi.
Nonostante ciò, tale microcosmo può essere mitigato dalla presenza di una curiosa realtà umana: frizzante, sperimentale e, nel nostro caso, calata nel mistero.
Gabriele era un ragazzo appena 21enne timido ma sorridente: quasi calvo, cicciottello, vestiva elegante ed era famoso per rubare i posacenere dell’azienda . Era alto 1 metro e 50: lo chiamavamo Carnera.
Deriso per l’accento provinciale e le vomitevoli barzellette, il nano di Jesi rappresentava il punto più basso dell’ufficio nella  gerarchia umana.
Ciò che rese Gabriele misterioso e invidiato dai colleghi, furono le numerose donne che, per mesi, lo attesero in macchina davanti ai cancelli della ditta alla fine del turno di lavoro, spesso agitando un foulard.
Coloro che il nano chiamava: “amiche”, non avevano una specifica tipologia: signore eleganti, studentesse sportive, sconosciute straniere, la direttrice del reparto vendite.
Dopo mesi di ossessivi pedinamenti e deplorevoli telefonate anonime, alcuni dei suoi più frustrati colleghi, tra i quali Paolo “il bello” e Igor “il lupo”, giocarono la loro ultima carta chiamando Olga, nota troia del luogo, per organizzare un vile incontro con Carnera e carpirne i segreti. La donna e il nano fuggirono alle Baleari per 3 giorni.  
Il mistero di Carnera fu svelato dopo l’annuale partita di calcetto tra l’Ufficio Acquisti e il Centralino quando, nelle docce, un fragoroso applauso distrusse per sempre l’autostima dei suoi ignobili rivali.

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