mercoledì 30 maggio 2012
I siamesi
Glasgow 2005
Molta dell'immigrazione asiatica del Regno Unito proviene dalle province del Pakistan.
Tali persone, oltre che essere una risorsa per la manodopera a basso costo, producono una infinità di piccoli e piccolissimi negozi sparpagliati a macchie incontrollate sul territorio di intere città.
Instancabili lavoratori, Azim e Jamal possedevano un piccolo negozio in Labour Street: una sorta di mini bazaar.
Al numero 109 di Labour street, proprio di fronte al barbiere c'era un negozio con un neon verde come insegna ma nessuna scritta. Il bazaar era composto da un piccolo atrio con due banchi frigo: sandwiches, lattine, latte, frutta, yogurt, bacon, merendine; un bancone stretto rivestito di plastica bianca: tabacchi, gomme da masticare, caramelle, mentine per l'alito, supposte e preservativi; un lungo corridoio con nel mezzo alcun scaffali: ananas, prodotti tipici pakistani e indiani, birra, una miriade di scatolette tra le quali degli odiosi ravioli in salsa rossa che tanto hanno riempito i nostri stomaci in periodi di magra.
Ora, dato che il bazaar era aperto 24 ore al giorno, il turno di lavoro che i fratelli si erano imposti era di 12 ore ciascuno.
Instancabili, simpatici e sempre soridenti, cominciarono a dare i primi segni di cedimento durante il G8 del 2004, quando, prima e dopo l'evento, dovettero difendere il piccolo bazzar con botte, spintoni e gambe tarlate di vecchie sedie da orde di folli vestiti di nero che cercavano quotidianamente di saccheggiarlo.
Lo stress, il lavoro immane, qualche probabile difetto congenito. Azim morì d'infarto nell'estate 2004 mentre era intento a uscire dalla botola del magazzino: lo trovarono con in mano un ananas, due carote e un quotidiano locale.
Per lungo tempo il fratello, grasso e mite, fu visto dormire dietro al bancone del negozio accanto a una bottiglia semivuota di orrenda vodka polacca.
Entrato al ristorante con vestiti trasandati e un alito agghiacciante, Jamal si sedette al tavolo ubarico fradicio: parlava da solo, urlava di scatto a non so chi, e scoppiava in un pianto dirotto.
L'ultima volta che lo vidi fu una sera d'autunno, per cena, quando si alzò dal tavolo balbettando frasi incomprensibili con una sogliola in bocca, e brandendo una forchetta si gettò in strada.
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